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“Vi racconto la mia passione per il rap”

di Alessio Conforti

È uno dei rapper più conosciuti e apprezzati d’Italia. Ensi, pseudonimo di Jari Ivan Vella, ha preso parte all’ultima edizione dell’ Home Festival, evento di successo andato in scena di recente al Parco San Giuliano di Mestre. L’artista, 33 anni, di Alpignano, nel torinese, ha portato sul palco la consueta carica che lo contraddistingue ormai da anni. Lo abbiamo incontrato qualche minuto prima della sua esibizione. E non siamo rimasti delusi.

 

  • Quanto attuale è il rap in Italia in questo momento storico di cambiamento per i generi musicali?
    Questo è un “momento punk” della musica. Il rap in Italia ha contribuito alla diffusione di altri generi che in questi ultimi anni si sono affermati. Parlo per esempio dell’Indie italiano, che ha preso tantissimo del nostro ambiente: scrittura e linguaggio, ma anche attitudine.
  • Il rap sta facendo la storia…
    Diciamo che ha rivoluzionato la musica italiana degli ultimi 10 anni. Non bisogna però dimenticare che è un genere solido e che ha un passato ben preciso.
  • Ora come sta?
    Credo che non sia mai stato forte come adesso. Vedo questo genere come un grande fiume e gli altri come affluenti, che a seconda di quanto vanno forte portano più o meno acqua.
  • Con quale spirito fai musica?
    In questa era di camaleonti musicali, il mio obiettivo è quello di continuare a rappresentare ciò che ho sempre rappresentato. 
  • A febbraio è uscito il tuo sesto disco, “Clash”. Che cosa lo contraddistingue?
    L’attitudine e la passione che ci metto nel fare musica. Due componenti che in questi anni mi hanno sempre accompagnato.
  • Qual è il tuo più grande orgoglio?
    Essermi consolidato nel mondo del rap italiano, rimanendo sempre connesso con questo ambiente.
  • Hai origini siciliane ma sei cresciuto a Torino. Questo mix di culture quanto influisce sulla tua musica?
    Da sempre questo genere esprime il concetto di rappresentare qualcosa: una città o un territorio. Il mio imprinting è torinese, perché sono nato lì. Ma al contempo parlo delle mie radici, rappresentando il tutto in maniera onesta. Non importa da dove arrivi o il tuo status sociale: ciò che importa è la storia che hai da raccontare e come la racconti.
  • Cosa vuol dire partecipare a un evento musicale eterogeneo come l’Home Festival?
    Ho sempre amato i concerti, indipendentemente dal tipo di pubblico che mi trovo davanti. Per me è un grande privilegio aver preso parte all’Home, uno dei più importanti appuntamenti nazionali, con fans di vari generi musicali e provenienti da tutta Italia.
  • Senti la responsabilità dei messaggi che la musica manda alle giovani generazioni?
    Credo che rilegare compiti importanti alla musica sia sbagliato. Personalmente ho sempre fatto attenzione a quello che dico, non per il timore di essere additato ma per il fatto che so di avere un’arma tra le mani. Non sparo mai nell’acqua, non risparmiandomi al contempo di lanciare messaggi forti. Ma non si può salvare il mondo con la musica. L’artista non ha la soluzione, ma può rappresentare un punto di rottura che nel bene o nel male ti fa riflettere di fronte a un argomento importante. Questo è il compito della nostra musica. 
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