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Venezia con i suoi tesori, tra storia e fascino

di Patrizia Diomaiuto

Quando la primavera abbraccia l’estate accogliendola, è il periodo perfetto per visitare la città: il sole riscalda la laguna che risplende, cullando la Resurrezione sospesa tra cielo e acqua.

La Repubblica della Serenissima celebrava gli eventi in tutta la loro sacralità, in Basilica di San Marco: cerimoniali ricchi di sfarzo e magnificenza, con addobbi, musiche sacre ed esposizione del tesoro ducale e della meravigliosa Pala d’Oro…dolci, pietanze e preziosi completavano l’evento.

Il momento più atteso era il percorso in processione del Doge, che giungeva al convento delle pie monache di S. Zaccaria, le quali donavano un prezioso simbolo istituzionale, confezionato dalle stesse, con gemme e pietre preziose: il corno dogale. Nel corso dei secoli questa festa si è rafforzata integrando alla religione, tradizioni, storie e folklore.

Essere a Venezia e viverla, significa abbandonare mappe e percorsi precostituiti, per scoprire e sorprendersi.

Infilare una calletta, cacciarsi nella gola nera di un sottoportico, sbucare in una corte, oppure su una fondamenta aperta al sole e al vento o su un rio largo, popolato di barche e barconi.

Perdersi nel fitto dedalo, seguendo un percorso quasi psichedelico, a tratti austero e d’ improvviso barocco. Ombre lunghe e nette come lame che radendi percorrono le pareti. La luce si insinua a scoprire anfratti e stemmi. Un’overdose avvolgente che, in vivace andante orchestra i nostri passi che riecheggiano tutt’ attorno. All’ improvviso un ‘campo’, aperto, assolato, in antitesi con il percorso quasi claustrofobico precedente, ma in rispondenza perfetta, in costante dialogo secolare. Manca il respiro e si gode dell’immensità eterea di una Venezia, che si fonde con l’acqua.

A Venezia riesci a imbatterti in luoghi nascosti, avvolti dal silenzio e ricolmi di storia e mistero e a fare eco alle architetture, vi sono giardini segreti che in questo periodo si colorano di fiori.

Atmosfere senza tempo e che punteggiano come un mosaico la struttura urbana della città.

Frutto dell’intreccio tra arte, natura, storia, miti e leggende, Venezia, si mostra in tutta la sua barocca, simbolica, gotica ed esotica austerità, come un unicum da respirare a pieni polmoni, rimanendo in silenziosa contemplazione.

Venezia è intima e corale, vicina e al contempo lontana, rarefatta e sospesa tra sogno e realtà.

Alla scoperta di Venezia attraverso i nostri 5 sensi

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Vista

VENEZIA SPOSA IL SUO MARE
“Un gruppo sparuto di veneziani che, stanchi di “ciacolar” e di “sentir ciacolar” sulle sorti della città e della laguna, hanno richiamato i cittadini alle armi, ovvero all’arma di sempre, il remo”.

Mille anni di storia che affondano le radici a Venezia. Oggi come allora, la Festa della Sensa, scorre nelle vene dei veneziani celebrandone l’intimo rapporto con quel mare che l’ha resa una delle potenze commerciali e politiche più importanti del Mediterraneo.

Il corteo si tiene la domenica successiva il giorno dell’Ascensione (sensa): centinaia di imbarcazioni diverse, gondole, pupparini, sandoli, mascarete, caorline, tope, peate, vipere e s’cioponi sfilano, con a capo il sindaco, in un percorso verso l’isola di Sant’Elena, costeggiando le isole delle Vignole, di Sant’Erasmo e di San Francesco del Deserto. Raggiunto Burano poi, si prosegue lungo le isole di Mazzorbo, Madonna del Monte, San Giacomo in Paludo e ancora Murano fino all’arrivo in Canal Grande.

Culmine delle celebrazioni la bocca di porto del Lido, dove si svolge il rito dello Sposalizio col Mare: il vescovo e il sindaco (storicamente il Doge) gettano in mare una corona d’alloro (una volta era d’oro) come simbolo dell’unione fra Venezia e il mare.

Il consiglio é di prendere posto in riva degli Schiavoni o in riva Sette Martiri, insieme al popolo veneziano e vivere un’esperienza emozionante, senza eguali.

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Udito

PLENUM
Il padrone di casa (El parón de casa), da sempre punto fermo e simbolo indiscusso di Venezia, si staglia al cielo come un faro indicatore per i marinai. Da secoli il ‘concerto’ del campanile di San Marco, scandisce il tempo e la vita politica e sociale della Serenissima e del suo popolo. Il campanile, così come lo conosciamo, è il sedimento o meglio il risultato di un percorso tumultuoso e accidentato. Il crollo del 1902, fu il più grave. Il 14 luglio 1908, sesto anniversario della caduta del campanile, Papa Pio X, ancora Patriarca di Venezia e sette anni prima dell’elezione al soglio di Pietro, espresse il desiderio di voler provvedere alla ricostruzione delle campane.

Il 22 giugno 1910, le campane salirono sul campanile dal lato Nord (quello rivolto alla Torre dell’Orologio). La maggiore toccò il piano della cella campanaria alle ore 17.
Solo dopo dieci anni, il 25 aprile 1912, tornò a risplendere.

Quando il nuovo campanile fu inaugurato, il concerto di nuova forgiatura, composto dalla Marangona (maggiore), la Nona, la Trottiera, la Pregadi, la Renghiera, in ‘Plenum’ volteggiarono a gloria. Il cuore dei veneziani fu di nuovo pieno e il Cardinale, divenuto Papa, visse da lontano una profonda commozione, dettata in primis dal legame intimo con il popolo veneziano.

Anche oggi, la piazza si anima e dopo più di cent’anni, l’emozione, risuona ancora.

Campanile di San Marco | Piazza San Marco | tel. 0412708311

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Gusto

LE PEPITE DI VENEZIA
Mani gonfie, schiena rotta e tanta fatica, i moecanti, nel silenzio spettrale della Laguna, fendono l’acqua alla ricerca delle Moeche.

La moeca è un granchio verde, il nome non ne definisce la varietà ma il momento, la finestra temporale che si rivela solo due volte l’anno in cui il granchio, in crescita, si libera della sua corazza dura mostrandosi nella sua morbidezza. 

Ecco la moeca, questo boccone prelibato e raro, consumato in tutte le sue parti come chicca gourmand, da provare almeno una volta nella vita e questo è proprio il periodo giusto per farlo. Un mestiere fatto di esperienza e segreti, che si tramanda di padre in figlio e dalla tradizione storica secolare: risale al ‘700 la nascita del mestiere del “moecante”, riconosciuto ufficialmente dai dogi della Repubblica della Serenissima. Un Mestiere questo, che prende vita molto prima dell’alba, portato avanti ancora oggi da pochissimi impavidi e che probabilmente andrà scomparendo. La moeca, di recente divenuta Presidio Slow food, non rappresenta solo una ghiottoneria iperlocale e autoctona ma determina anche la conformazione paesaggistica lagunare: navigando attorno all’isola di Mazzorbo e vicino Burano, è possibile vedere i casoni e i vieri dove vengono “allevate”. Una coccola da doversi concedere, perfetta se consumata come da tradizione, sia fritta in purezza o precedentemente “annegata” da viva nell’uovo, infarinata e fritta.

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Olfatto

IL MERCATO DEL PESCE DI RIALTO
C’è un angolo di Venezia che vive e si anima molto prima dell’alba. Qui odori pungenti che parlano il linguaggio del mare, invadono l’aria di salmastro. I muri ne sono intrisi e raccontano una storia lunga oltre 950 anni. Attori indiscussi di questo teatro vivo e policromatico all’aperto sono orate, seppie, telline, canestrelli, cozze ai più autoctoni, caparosoli, moeche, schie, folpetti, canoce, bisati. Curiosi, casalinghe, e abitudinari sono soliti animare, assieme ai pescatori e ai gabbiani, la loggia della Pèscària. 

La camera di risonanza di questo concerto olfattivo è la Loggia, un palazzo neogotico degno di nota risalente al 1907 ad opera dell’architetto Rupolo, ricco di simboli e segni che rimandano alla natura stessa che anima ogni giorno il mercato.

Il mercato di Rialto è simbolo di cultura e storia, e in quanto tale, portatore di ricchezza. Segni e tracce da proteggere dal rischio (probabile) di svanire, schiacciato dalla faccia oscura e pressante della modernità. 

Una perla dal fascino originale, dove è possibile cogliere l’essenza della venezianità e in cui, ancora oggi, si possono respirare calore umano ed emozioni sincere, distanti dalle moderne dinamiche del tutto e subito.

Immergiti in un luogo sospeso nel tempo e lasciati inebriare dal cuore pulsante di Venezia.

Il mercato del pesce di Rialto | Calle de le Beccarie o Panataria, 325

Tatto

PALAZZO ZAGURI E L’ARTE PER TUTTI
Arte, storia e socialità sono il paradigma cardine del Polo museale di Palazzo Zaguri, l’antico palazzo gotico del XIV secolo, sito in Campo San Maurizio a Venezia. Un centro culturale che, dagli albori, ha fatto della comunicazione artistica una visione personale. L’arte è un linguaggio che dovrebbe essere accessibile a tutti e di cui nutrirsi allo stesso modo. Ed è qui che la visione e l’interesse sociale si realizzano: beneficiare con il tatto, per chi l’arte non può guardarla, eludendo barriere. Palazzo Zaguri apre a percorsi tattili permanenti rivolti a ciechi e ipovedenti, su tutte le opere esposte, senza separazioni o riduzioni.

Il mondo dell’arte rappresenta, oltre ogni dubbio, una componente fondamentale della nostra cultura e del nostro sapere. Qui, rispetto alla maggior parte dei musei italiani ed esteri, i non vedenti possono toccare con le mani tutte le opere e i manufatti delle sale espositive.

A Palazzo Zaguri, assaporare l’arte con le mani, come medium didattico estetico/artistico, è solo un importante punto di partenza di un progetto più ampio, dove abili, diversamente  abili e con necessità inconsuete possano vivere un’esperienza diretta dell’arte a tutto tondo.

Palazzo Zaguri | Sestiere San Marco 2667/a-2668 – Campo San Maurizio | www.palazzozaguri.it

Lo sapevi che… 

Pochi sono a conoscenza che il Mercato di Rialto era anche il luogo dove i giovani veneziani si ritrovavano, al mattino presto, dopo le trasgressioni della notte.

Andarci all’alba, prima che si saturi di turisti, ti permetterà di coglierne il fascino.

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