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Tra Veneto e Sicilia

di Martina Priviero

Luciano Tirindelli, autista del Quarto Savona Quindici, superstite in quel tragico 23 maggio 1992.

 

  • Ciao Luciano, raccontami qualcosa di te.

Ho vissuto tra il Veneto e la Sicilia. Papà era di Treviso, luogo nel quale sono nato, e mamma, una donna incantevole, era di Valderice, comune in provincia di Trapani. Di quel luogo, dove il mare ha il colore del cielo, avevo nostalgia e così ci sono tornato finito il militare, ero paracadutista. Lì ho continuato a fare il litografo, mestiere appreso durante l’adolescenza, e ho conseguito il diploma di scuola superiore.”

 

  • Da litografo a poliziotto, curioso questo cambio professionale.

Tutto merito dello zio che, a mia insaputa, ha compilato l’iscrizione per un concorso in polizia. Da qui sono partito per Roma dove ho sostenuto, alla Castro Pretorio, la selezione come agente di polizia, risultando idoneo. Per un po’ sono rimasto nella Capitale, lavorando sempre come litografo, e il 29 luglio del 1985 sono partito per Reggio Emilia con la mia moto, un’esperienza di viaggio incredibile e indelebile, dove ho frequentato l’accademia di polizia. Ho iniziato la carriera in una tranquilla cittadina a bordo di una volante finchè un bel giorno, rientrando in ufficio dal turno, su una bacheca affissa lessi che cercavano volontari per aggregarsi al corpo di polizia di Palermo, dove era da poco iniziato il maxiprocesso. Non ho mai amato la tranquillità e Reggio Emilia lo era troppo, così presi la palla al balzo e accettai all’istante. Una volta lì, poco dopo, chiesi il trasferimento definitivo a Palermo.

 

  • E il tuo incontro con il dottor Giovanni Falcone come è avvenuto?

È stato il caposcorta Giuseppe Sammarco a farmelo conoscere, l’emozione fu unica. La scorta del Quarto Savona Quindici, suo nome in codice, nacque proprio per volere del dottor Falcone in quanto egli non si sentiva tranquillo perché protetto da poliziotti che cambiavano continuamente ad ogni turno. Quando usciva di casa al mattino non riconosceva mai la faccia del giorno prima. La nostra scorta, ovvero la scorta di Giovanni Falcone, era tenuta in grandissima considerazione tant’è che avevamo un altissimo rispetto anche dai NOCS di Roma. Eravamo considerati come la scorta più famosa al mondo e, ancora oggi, se scendo a Palermo e parlo con i colleghi al porto o in giro per la città, mi dicono che quando passavamo noi non ce n’era per nessuno.

 

  • In quel tragico 23 maggio 1992, come hai appreso la notizia?

Ero in centro a Palermo e tutto a un tratto iniziai a sentire tante sirene, troppe pure per quel luogo. È stato un collega che, vedendomi, si fermò con l’auto e mi diede la drammatica notizia. Rimasi sbigottito e incredulo per quasi una settimana.

 

  • Vuoi parlare del progetto istituito per mantener vivo il ricordo di un grandissimo uomo di giustizia?

Da qualche anno io, il caposcorta Giuseppe Sammarco e il poliziotto Anselmo Lo Presti abbiamo istituito l’associazione Scorta Falcone Quarto Savona Quindici, per far conoscere la testimonianza di chi è sfuggito a quella terribile strage. Cerchiamo di trasmettere a tutte le generazioni gli ideali di legalità, uguaglianza e preservazione dei diritti inviolabili dell’uomo, che sono i presupposti di uno Stato libero e democratico.

 

  • Se Giovanni Falcone fosse vivo, cosa gli diresti?

Con infinita stima gli direi di proseguire il proprio lavoro nella lotta contro la mafia.

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