Intervista a Gloria Campaner

“La mia nuova avventura, aiutare chi va sul palcoscenico”

di Alessio Conforti

Da qualche tempo ha lasciato il palco per dedicarsi alla cura dei musicisti, un nuovo percorso entusiasmante, ricco di sfide da vincere. Gloria Campaner, jesolana doc, artista mondiale del pianoforte, è tornata a Portogruaro per il Festival Internazionale di Musica. Per lei applausi a scena aperta.

  • Che cosa rappresenta per te il Festival?

Mi è molto caro. E’ da sempre un polo culturale e artistico di grandissimo livello, sia per il programma e gli spettacoli che per la divulgazione musicale. Senza dimenticare la scuola e la formazione.

  • Ti lega da anni anche l’amicizia e la stima con il direttore, Alessandro Taverna. Che cosa vi accomuna a livello artistico?

Un sacco di cose. Siamo tutti e due veneti. Quando abbiamo suonato insieme ci siamo divertiti molto. La pensavamo allo stesso modo musicalmente. Anche quando siamo stati in giuria di concorso avevamo dato esattamente le stesse votazioni a tutti i concorrenti. Alessandro è un grandissimo musicista e un caro amico.

  • Da qualche mese hai scelto la strada della performing coach. Come sta andando questa nuova avventura dopo oltre 30 anni di pianoforte?

E’ un percorso di studi molto interessante. Voglio aiutare chi vuole andare sul palcoscenico. Da un po’ di anni mi sto dedicando alla cura, all’attenzione e all’ascolto di tutto quello che riguarda la vita dei musicisti. Non è propriamente la tecnica o la prassi esecutiva, quanto la gestione emotiva per poter controllare al meglio il palcoscenico e il backstage.

  • Giovani generazioni. Che cosa non deve mancare mai a un buon
    pianista?

Come diceva Mozart: “Testa, dita e cuore”. Aggiungerei un cuore buono, profondo e pieno di generosità, oltre a una forma di gentilezza che, secondo me, nell’esprimere la musica, passa attraverso il suono e arriva alle persone. Mi sento di consigliare di avere sempre occhi aperti e curiosi sul mondo e sulla vita. Fare tante esperienze, dalle quali ci si può allenare in una narrazione musicale e quindi far uscire un messaggio personale.

  • Oltre a questo?

Avere un istinto visionario, tanta immaginazione. Andare sempre un po’ più in là e ricordarsi che il suono arriva da un luogo intimissimo e profondo che è dentro di noi.

  • Parliamo di musica classica, un mondo dove le emozioni non finiscono mai. Che futuro intravedi?

La musica classica continuerà a meravigliarci. Sento che siamo in un momento di grandi cambiamenti. Ci sarà qualcosa di nuovo da fare: alleggerire i programmi, togliere un po’ di ritualità ai concerti, trovare delle forme di divulgazione che includano più forme d’arte. Rivedere i luoghi e i cosiddetti “templi della musica”. Aprirsi a nuove prospettive e location, dove poter offrire dei contenuti che attirino sempre più persone eterogenee.

  • Qual èil tuo sogno nel cassetto?

Non ho un vero e proprio sogno nel cassetto. Vorrei vedere nell’ambiente accademico sempre più attenzione a come gli studenti e i ragazzi si sentono interiormente. Mi piacerebbe moltissimo, un giorno, avere una scuola o un teatro che si dedichi non solo agli spettacoli ma anche per allenarsi a gestire il proprio benessere psicofisico.

 

 

Foto: Damiano Andreotti

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Pubblicato da: Redazione il 07/09/2023

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