Ferdinando De Giorgi
Quattro giorni indimenticabili
di Cesare Barbieri
La Lube Macerata, allenata dal palleggiatore della “Generazione di Fenomeni” che negli Anni Novanta ha vinto tutto, ha conquistato lo scudetto e la Champions League, che in Italia mancava da otto anni.
Jacopo Volpi, telecronista Rai della pallavolo, l’aveva definita una “Generazione di Fenomeni”: non poteva essere altrimenti, perché una squadra che vince tre Mondiali e un argento olimpico (più otto World League) è semplicemente inarrivabile. I “Fenomeni”, poi, una volta lasciato il campo hanno continuato a fare ciò che a loro riusciva meglio, cioè vincere. Fefè De Giorgi, palleggiatore nella sua prima vita agonistica, oggi è l’allenatore più invidiato d’Europa: in quattro giorni, con la Lube Macerata ha vinto scudetto e Champions League.
- Quattro giorni indimenticabili…
Diciamo che rimarranno scolpiti per sempre nella testa mia e dei miei giocatori. Sotto di due set in gara cinque in casa di Perugia, abbiamo rimontato e vinto lo scudetto, quindi ci siamo concessi poche ore di festeggiamenti e la mattina successiva eravamo in palestra a preparare la finale di Berlino contro lo Zenit-Kazan. - Partiamo dallo scudetto, la vostra è stata una rimonta eccezionale.
In gara cinque avevamo perso i primi due set, ma la nella seconda partita eravamo arrivati a 22 punti e avevamo giocato discretamente. Certo, tutti sapevamo di aver perso 3-0 le due precedenti partite della serie finale giocate in Umbria. - Cosa è scattato?
Non c’è una frase magica, se ci fosse la utilizzerebbero tutti gli allenatori. Ho guardato i ragazzi e ho detto: “Pensiamo alla prossima palla”, può sembrare un’espressione banale, ma non lo è: dietro al modo di giocare un punto ci sono ore e ore di lavoro in palestra, allenamenti nei quali si sono curati i minimi particolari. Abbiamo iniziato bene il terzo set, forse loro non si attendevano una reazione simile e abbiamo rovesciato la partita. - L’allenamento maniacale di cosa è fatto?
Di ore trascorse in palestra a correggere il gesto tecnico e a correggere di pochi centimetri la posizione di un giocatore sulle situazioni prevedibili, cioè battute e alzate molto alte. In partita e in allenamento posizioniamo sempre una telecamera sul lato corto, per comprendere errori e giocate positive. E, in allenamento si corregge ciò che non è piaciuto. - Fefè De Giorgi essere stato un grande giocatore quanto aiuta?
Non è garanzia di successo anche in panchina, perché allenare significa saper programmare, mettersi a disposizione di 15 giocatori per aiutarli a esprimersi al meglio. - Però c’è sensibilità nel gestire la partita, nel fermare il gioco nei momenti di difficoltà…
Non c’è una regola. Ho allenato gruppi che andavano in sofferenza se subivano aces o dopo errori commessi in ricezione, ma ho pure avuto squadre per le quali le sospensioni andavano chiamate quando sbagliavano in attacco. - Lei sa quanto ha vinto nella sua carriera?
Da giocatore o da allenatore?
No, non stiamo a contare. Fefè De Giorgi e la “Generazione di Fenomeni” hanno vinto e basta, perché ci hanno fatto emozionare. Che poi è la cosa più importante!