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Uto Ughi e Alessandro Taverna

Musica è passione, sacrifico e motivazione

di Alessio Conforti

Due grandi artisti di generazioni lontane. Uto Ughi è uno dei massimi esponenti della scuola violinistica italiana. Alessandro Taverna è un pianista affermato a livello mondiale. Entrambi sono protagonisti del Festival Internazionale di Musica che in questi giorni, in Veneto Orientale, ospita le orchestre e i solisti più affermati. Li abbiamo messi di fronte a tematiche che rimangono costanti nella carriera dei musicisti.


  • Cosa pensate dell’educazione musicale in Italia oggi?

    › AT: Conosco il sistema dei Conservatori, delle Accademie delle Masterclass, dove mi sono formato e dove ora insegno. Nonostante le criticità di un sistema ancora in evoluzione e a tratti affaticato, credo che il vecchio ordinamento dei Conservatori avesse radici solide e – se gli studenti di allora sono gli insegnanti di oggi – le proposte possono avere ancora valore. E non credo che studiare all’estero sia indispensabile: certo, arricchisce ma si cresce molto anche nel nostro Paese, nei contesti giusti.
    › UU: In Italia a livello educativo per la musica si fa troppo poco. Le scuole non la insegnano ai giovani, che invece potrebbero essere felici di conoscere la grande musica, quella che stimola il pensiero. Questo scopo è completamente disatteso, perché manca l’istruzione di base. Sono decenni che ne parlo e continuerò sempre a dirlo con l’auspicio che l’educazione musicale trovi giusto spazio a scuola e fuori.

     

  • Che suggerimento dareste a un giovane solista che vuole intraprendere la carriera musicale?

    › AT: Ce ne sarebbero tanti. Il primo è di avere tanta pazienza: vedo molti ragazzi che abbandonano il campo scoraggiati dal contesto o perché i risultati non arrivano presto. Bisogna saper gestire le contingenze e cercare di non far uccidere il proprio desiderio. E poi, mettere in conto il sacrificio: il nostro è un percorso faticoso. Non è l’unico mondo in cui è così, ma sicuramente questo mondo è più rigoroso rispetto ad altri.
    › UU: I consigli sono difficili. Ognuno deve trovare la motivazione dentro di sé, deve capire cosa gli interessa realmente approfondire. I giovani hanno un potenziale enorme, sono quelli che fanno le domande più stimolanti, che aprono gli sguardi anche a chi ha tanti anni più di loro. Spesso però trovano pochi stimoli culturali all’esterno, soprattutto nel loro percorso di formazione.

     

  • Oltre che grandi interpreti, siete entrambi direttori artistici di manifestazioni musicali: cosa significa per voi?

    › AT: Significa scoprire uno sguardo nuovo sulla musica, un cambio del punto di vista. Con quest’esperienza sento di ampliare i miei orizzonti musicali e di mettermi dalla parte del pubblico: è importante provare a (ri)portare le persone ai concerti, capire cosa realmente genera passione in chi ascolta. È un po’ come scendere dal palcoscenico e ripartire dall’inizio.
    › UU: Ho fatto diversi festival a Venezia e a Roma. La mia scelta è stata quella di dedicarli in particolare ai giovani, garantendo loro l’ingresso gratuito. Certo, non li si può obbligare ad appassionarsi alla musica, ma si può fare in modo che la conoscano, che ne conoscano la qualità. Perché se non si conosce bene qualcosa non la si può amare.
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