Intervista ad Antonio Cabrini
“La Nazionale, una consacrazione”
di Alessio Conforti
Attaccava e difendeva con la stessa intensità, tanto da esser considerato uno dei più forti terzini della storia, un modello anche per le generazioni future. Antonio Cabrini, in questa estate di Europei di calcio, è tra i personaggi azzurri più amati. Campione del mondo nel 1982, lo abbiamo incontrato a Caorle, ospite della tre giorni di eventi “Chiamare le cose con il loro nome”.
Cosa vuol dire indossare la maglia azzurra?
E’ la consacrazione della tua professione, che arriva ad alti livelli. Entrare a far parte della Nazionale e indossare la maglia azzurra è il massimo: vuol dire rappresentare il tuo Paese contro altri Paesi.
Mondiali 1982. Cosa ti porti dentro a distanza di tutti questi anni?
L’unione di un gruppo che oltre ad essere una grande squadra è riuscito a dare all’Italia un’immensa felicità vincendo la Coppa del Mondo.
E’ cambiato tanto il calcio di oggi rispetto a quello di una volta?
Sì. Non dico due sport diversi, ma sono cambiate tante cose.
Sei uno dei più grandi terzini della storia. Anche quel ruolo, rispetto ad allora, è cambiato. Non trovi?
E’ ancora più difficile perchè le squadre si chiudono meglio. C’è un gioco non più in verticale ma piuttosto in orizzontale: si trovano molti meno spazi e non ti danno la possibilità di fare il tuo gioco.
Nel tuo cuore la Juventus. Quale futuro vedi per la Signora?
Il futuro della Juve è sempre quello di essere protagonista e cercare di vincere il più possibile. Questa credo sia l’idea della società.
Il calcio in rosa è sempre più seguito. Che esperienza è stata allenare la Nazionale femminile?
E’ stata un’ottima esperienza, molto positiva, completamente diversa da allenare una squadra maschile.
Ti rivedremo in una qualche panchina?
No, credo proprio di no.
L’allenatore che ti porterai sempre nel cuore?
Sicuramente Bearzot.
E il compagno?
Ne dico uno. Assolutamente Paolo! (Paolo Rossi ndr).
Pubblicato da: Redazione il 8/07/2024